martedì 2 marzo 2010

Campomanfoli - De Vita Solitaria [recensione]











Al naturale tutto essere vittorioso. L'ambiente fornisce all'uomo ogni dettaglio, particolare, necessario per la conoscenza del cerchio che lo circonda.                                                            

Questo fine ultimo è espresso nella solitudine di un uomo, Giulio, una volta a contatto con il reale. Un reale crudele, spasmodicamente noioso, costituito da una terribile quotidianità dalla quale possiamo fuggire grazie ad un evento, l'ascolto di Campomanfoli nel suo progetto De Vita Solitaria. 

Eccolo che, "Al tramonto", "Il Cane Marrone apre le porte dell'Infinito Onirico", illuminando le nostre membra degli specifici desideri, l'utopia di un riposo eterno e piumoso, come le ali di un angelo che si librano nel cielo di un colle in una notte umida; osserviamo le sue lasciate gocce ne "Il Chiatrone del Monte", un lento scorrere di perline, leggermente ruvide e azzurre, polverose del luogo nel quale si trovano.                                                                                                                       

Ed è dopo una breve introduzione bucolica che si assiste alla venuta di un essere extra-umano, suoni straordinari e inaspettati che ci lasciano allibiti, "Le paure inconsce di MT" per mostrare la faccia benevole di "P.", un parco arcadico che richiama una pace paradisiaca.   

                                 

Sfociare nella commozione con "Terrazzo 10-12" è possibile.

Tutto lo è nell'universo parallelo a "L'Uomo l'Amore e la Morte"[qua la recensione], perché "L'Ira dell'Agnello" può trasformarsi in una magica e toccante narrazione, con il semplice splendore di un volto sempreverde, la musica sincera di chi scrive per passione.

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advent "Francesco"  GORE